“L’ultimo patron”,
il libro scritto dal figlio Gianni
Vincenzo Torriani per tutti noi
Le vicende umane e sportive che la famiglia ci consegna, attraverso Gianni Torriani, il maggiore dei figli, è un’operazione riuscita, racconta un uomo che il termine patron ha interpretato non da padrone, ma da punto di riferimento autorevole.
Per le responsabilità che si è sempre assunto in prima persona, rifiutando ogni scusa di comodo.
Vincenzo Torriani è stato un grande innovatore capace di giocare d’azzardo, ripagato dalla buona sorte che stava dalla sua parte. Un geniale e testardo visionario, in grado di sfidare l’impossibile: arrivare a Venezia in piazza San Marco con un ponte di barche è stato uno dei suoi capolavori, come è stata sua abitudine sfidare la meteorologia di maggio, quando il Giro doveva affrontare le salite solo momentaneamente ripulite dalla neve, comunque a rischio di slavine.
Chi l’ha conosciuto ricorda il suo decisionismo, in nome delle convinzioni che aveva ferree. Ascoltava volentieri i pareri altrui, ma non li assecondava con facilità, dovevano convincerlo.
L’ultima parola era sempre la sua, anche perché non pativa alcun condizionamento, a partire da quelli politici. Si confrontava solo con il direttore della Gazzetta, quando occorreva, costantemente con il vicedirettore Bruno Raschi, trovava conforto e talvolta contrasto con Fiorenzo Magni, per rispetto e stima reciproci.
Aveva modi talora bruschi a volte soavi, ma non perché il suo umore fosse mutevole. Per carattere, mal sopportava chi gli segnalava l’azzardo di certe scelte. «Datemi soluzioni, non ulteriori problemi». Alcune delle sue invenzioni – aver creduto che il Giro non dovesse limitarsi al territorio italiano, tanto che studiò a lungo un Giro d’Europa, irrealizzabile per la guerra fredda che tormentava il suo tempo – hanno segnato la storia del ciclismo.
Sergio Meda